Italia-Scozia, il reportage di Silvia Sanna

italia scozia silvia sannaNazionale Italiana Scrittori - Sunday, 25 September 2016

Faccio subito coming-out: ho giocato con la Nazionale Italiana Scrittori non perché sia una brava calciatrice o una brava scrittrice, ma perché cercavano una donna che non stramazzasse in campo e con delle pubblicazioni all'attivo.
Certo, per promuovere la parità tra uomini e donne potevano sceglierne una brava, di scrittrice-calciatrice, e invece hanno scelto me. Per questo e per altri motivi, li ringrazio pubblicamente.
 
Per esempio perché mi hanno passato la palla più volte, levandosela altruisticamente dai piedi e negandosi una manciata di eurogol senza battere ciglio (grazie Francesco!). Ecco, mediamente un uomo non ti passa la palla neanche se si sta trascinando sul campo in stato comatoso o con il polmone d'acciaio integrato. Nulla. Piuttosto buca il pallone o lo passa all'avversario.
 
Ma a una donna no: verbotten. Invece i soriani, oh, i soriani, evidentemente i miei peli superflui li hanno indotti in un grave errore di valutazione. Femmina, sono. Con una collezione di scarpe con sotto i tacchetti al posto dei tacchi, ma pur sempre femmina.
Certo: ho 4-5 libri pubblicati e un passato nel calcio a 5, quello sì che poteva essere un buon biglietto da visita che poteva trarre in inganno. Poi però mi hanno fatto entrare in campo.
 
Il mio ruolo, quando giocavo a calcetto, era un ruolo di peso: panchinara. Talmente di peso che ci sono ancora le impronte delle mie chiappe sulle panchine di mezza Sardegna. Ma quando entravo in campo con le ossa rattrappite, questo lo devo ammettere, puntualmente segnavo. I miei movimenti iperattivi mandavano letteralmente nel pallone le avversarie. E le mie compagne di squadra. Brancolavo nel buio davanti alla porta in attesa del momento giusto: facevo casino, insomma, passando da una parte all'altra senza nessuna continuità logica e ubriacando gli avversari. "Sei come Inzaghi!" mi dicevano le mie compagne.
Ma io a quei tempi ero ancora più ingenua di ora e non capivo che detto da loro, interiste, era un insulto. Non a caso il portiere scozzese della sfida Italia-Scozia (della quale teoricamente prima o poi dovrò parlare, in questa cronaca) a un certo punto della partita mi ha urlato: "Inzaghi!". Dev'essere diventato un insulto internazionale. O è interista pure lui. E comunque ubriacare gli scozzesi è impossibile. O quasi.
 
Io, lo ammetto ora per la prima volta, alle trasferte con la squadra ci andavo per leggere. Il viaggio più breve durava 4 ore solo andata con due soste in autogrill per la pausa pipì. E se conoscete bene le donne, sapete che le soste in autogrill per la pausa pipì possono iniziare a Ottobre e concludersi alla consegna dello Scudetto.
Se poi contate anche che per una che fa la pipì, due le tengono la porta e altre due la borsetta, beh, si trascorrevano interi campionati sedute sul cesso. Io nel frattempo restavo sul pullman a leggere - ho una vescica resistente - sola con l'autista che bestemmiava davanti alla Gazzetta, da fermi (e alla Gazzella, in movimento, quando bruciava l'autovelox). Anche cinque ore di fila di sessioni di lettura: quando mai potevo permettermelo, da matricola di Lettere Moderne sempre china sui libri di testo? (Questa è una cazzata talmente grossa che interverrà anche il Rettore per contestarla: grazie alle mie tasse da fuori corso hanno ristrutturato l'Università Centrale e la Casa dello Studente) Sono stati gli anni in cui passavo con noncuranza da "Canne al Vento" (di Bob Marley) a "Il giovane Holden", da "Madame Bovary" a "Fùtbol"...terminando la lettura tra le lacrime, con le compagne che dicevano "Com'è sensibile questa ragazza, piange per Emma Bovary!" e io che smocciando e singhiozzando, piangevo pensando alla forza del portiere senza braccia scoperto da Mìster Peregrino Fernàndez e scolpito da Soriano. Quel gran genio che schierava anche 12 o 13 uomini in campo senza che nessuno se ne accorgesse. Perché talvolta "l'uomo in più" non basta, e allora ne aggiungi un altro e poi un altro ancora.
 
Comunque, tornando al tema di questo tema, ovvero la partita Italia-Scozia, mi faccio un assist da sola: a proposito di uomo in più, anche l'Osvaldo Soriano Football Club ce l'aveva. No, nessuna truffa alla Fernàndez.
La Nazionale Italiana Scrittori aveva un uomo in più (10 in tutto, come da regolamento e 1 donna) perché la Nazionale Scozzese Scrittori ne aveva uno in meno. Il loro uomo in meno risulta attualmente disperso tra i campi di patate di Barga perché voleva assicurarsi personalmente che la birra in dotazione in tutta la provincia di Lucca, fosse veramente birra scozzese. Non avrà dato il suo supporto in campo, ma i baristi barghigiani l'hanno eletto Capocannoniere della Brocca d'Oro.
 
Gli scozzesi: che popolo meraviglioso. Appena mi hanno conosciuta, nonostante il mio inglese raccapricciante, mi hanno fatto due domandine semplici semplici: la prima sui motivi socioculturali dell'indipendentismo sardo e la seconda sul sostrato linguistico che ha dato origine al mio cognome. Inizialmente ho avuto qualche difficoltà a rispondere in inglese, al terzo bicchiere anche in italiano, ma al quarto gliel'ho spiegato chiaramente in un sardo stretto che era una meraviglia.
 
Comunque prima di conoscere gli scozzesi pensavo che i sardi fossero campioni mondiali di svuotamento caraffe, e invece no. Mi devo arrendere davanti ai veri Campioni. La partita è poi finita 5 a 0 per noi, anche se qualcuno vedeva doppio (mi chiedo come mai, visto che il terzo tempo al pub è durato solamente due giorni e due notti) e aggiungeva allo score reti mai segnate. A complicare il tutto, in campo c'erano anche Carlo Grande e Carlo Grande e quindi oltre a vedere doppio, si sentiva pure doppio. E per tutta la partita non ho capito una cippa e pensavo che ci fossero un Carlo Grande e un Carlo Piccolo a cui passare la palla, ma che solo il grande veniva coinvolto, per poi scoprire che zio e nipote si chiamano allo stesso modo. E comunque poi ha segnato il Piccolo Carlo Grande. Una genialata tattica del mister, sicuramente. Come nella mia squadra, in cui c'erano le gemelle quasi identiche Elena e Annalisa e io passavo la palla sempre a quella sbagliata e mandavo a casino tutti gli schemi. In ogni caso, durante Italia-Scozia ho giocato per 20 minuti e, nonostante questo, abbiamo vinto. Nonostante in campo ci fosse una alta quanto un omino del biliardino, scoordinata come quello del subbuteo e lenta come la moviola di Dribbling.
E nonostante il folto pubblico locale presente in tribuna (15 persone, di cui almeno 8 con il kilt e senza mutande) tifasse per la Scozia, nonostante una campagna di boicottaggio del sonno attuata nei nostri confronti (le campane di Barga suonano ogni 30 minuti ininterrottamente, giorno e notte, per 20 minuti), nonostante il sabotaggio dei nostri Gps che ha trasformato una passeggiata defaticante in un cammino di Santiago tra le campagne della Garfagnana, nonostante il nostro sistema nervoso messo alla prova da un omìno degli spogliatoi piuttosto oppositivo che ha rischiato di finire in ortopedia...ma soprattutto nonostante quel giovinotto scozzese che, regale come Maria Stuarda azzoppata e vivace come William Wallace da morto, a notte fonda si trascinava rumorosamente nei corridoi di Villa Gherardi tra ombre, fantasmi e fumi. Dell'alcool. Almeno finché non è incappato in chi se l'è ritrovato sul suo letto: Martino, editore, portierone della compagine italiana, 2 metri per 2, solido e robusto, indistruttibile nei secoli, progettato da Ikea.
Nonostante tutto questo, alla fine abbiamo portato a casa la vittoria, e il fegato.
 
Perché gli scrittori italiani, o perlomeno quelli dell'Osvaldo Soriano, non sono bravi solo con la penna, ma anche con i tunnel, i cucchiai, le rovesciate e tutto ciò che nessuno si aspetterebbe mai. Perché uno pensa a uno scrittore e si immagina un tizio occhialuto e ingobbito che passa il tempo a battere a macchina, nell'Anno del Signore 2016 (è lento, ma fa figo). E invece sono bravi, questi scrittori dell'Osvaldo Soriano e la sfida la prendono seriamente. Trento in particolare, che dal campo gestisce la squadra con la delicatezza di Van Gaal, Mazzone e Mourinho messi insieme. Poi si va al pub - ovviamente - tutti insieme, italiani e scozzesi, e lì noi alziamo subito bandiera bianca: gli Scottish al bancone sono davvero invincibili.
 
So che probabilmente vi aspettavate una cronaca degna di tale nome, con descrizione di azioni, gol, minutaggio e bischerate varie. Ma se schierate in campo una donna, cari amici della Osvaldo Soriano Football Club, non pensiate che poi quella abbia perso tempo a guardare una banale per quanto avvincente partita di pallone. No, lei era attenta a tutto il resto: all'erbetta imperfetta, a quella farfalla gialla, all'ape che ronza, al vestito rosa della signora della terza fila, al profumo della terra, al canto dei girini, all'abbinamento cromatico calzettoni-mutandoni. E al vostro lato B. Perché se parità dev'essere, che parità sia! Tiè!
 
p.s. faccio un secondo coming out, perché so che dalle viscere del web prima o poi salterà fuori quella frase infame. Non da sola, no, ma perché ho degli amici infami. Dunque, la frase incriminata che scrissi svariati anni fa, in tempi non sospetti, diceva più o meno: "Sogno di giocare con la Nazionale Italiana Scrittori solo per rompere una caviglia a Baricco". Ecco. Prima che salti fuori lo 'sgùp', voglio riesumarla io, quella battutaccia. Anche perché tutti, ma proprio tutti i miei amici infami, hanno sognato per anni che io scendessi in campo con la Osvaldo Soriano solo per fare una figura di merda davanti a Baricco. Ma lui, che è un signore, non si è neanche presentato.

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